domenica 10 marzo 2013

Arthur Koestler, Mito e realtà della Russia Sovietica - Prefazione di Alberto Rosselli



Per molti, troppi decenni l'esaltazione incondizionata del “Mito” della Rivoluzione Russa del ‘17, quello dell'Unione Sovietica e dei sistemi comunisti in generale sono entrati a fare parte, se così si può dire, della "buona" coscienza collettiva di milioni di individui convinti della giustezza della "lotta di classe" marxista e dei metodi adottati in molti paesi per applicarla. Questa febbre di massa che per circa settant'anni, dal 1917 al 1989, ha imperversato in Europa e nel mondo, e presente tuttora, è stata favorita ed aggravata dall'atteggiamento di una vasta porzione di intellettuali che attraverso le loro opere e le loro esternazioni hanno contribuito a mantenere in vita il mito del più drammatico e fallimentare esperimento culturale, politico e socio-economico dell'evo contemporaneo.
 
Una delle poche voci di intellettuali liberi che criticarono questo mito, sfatandolo e anzi denunciando le ingiustizie, le disuguaglianze, l’assenza di diritti e i veri e propri crimini della Russia Sovietica fu Arthur Koestler, intellettuale ungherese naturalizzato britannico, già iscritto al Partito Comunista e poi allontanatosi nel 1938, all’epoca dei processi di Mosca. Koestler raggiunse il successo internazionale con il suo romanzo Buio a mezzogiorno, lucida e disperata analisi delle contraddizioni del processo rivoluzionario nell'URSS di Stalin, e dedicherà all’argomento altri romanzi e saggi, tra i quali il presente Mito e realtà della Russia Sovietica, pubblicato nel 1945, dove il sistema sovietico è analizzato studiando la sua propaganda e la costante soppressione dei fatti, i risultati economici e sociali, i privilegi della nomenklatura e le condizioni di lavoro degli operai e i sindacati, la repressione del dissenso e l’amministrazione della giustizia.
 

Formato 14x21, 72 pagg., alcune ill. b/n, Euro 12,00

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